ENRICO VIII E LA ROTTURA CON ROMA

Workshop of Hans Holbein the Younger - Portrait of Henry VIII - Google Art Project.jpgEnrico VIII, il secondo e più importante esponente della dinastia dei Tudor, grazie alla sua scelta di rottura con Roma ed il papa, cambierà per sempre la storia dell'Inghilterra. In questo articolo approfondiremo i motivi della sua rottura con la Chiesa di Roma e le vicissitudini che seguirono. Cominciamo con il dire che Enrico VIII era diventato sovrano il 21 aprile 1509, dopo la morte del padre Enrico VII. Sappiamo che Enrico, che aveva appena 18 anni, era un uomo attraente, biondo e atletico, gioviale e cavalleresco, con una vasta cultura umanistica e con un grande interesse per la teologia e la musica. Il suo primo matrimonio fu con Caterina d'Aragona, zia di Carlo V d'Asburgo. In principio Caterina aveva sposato il fratello maggiore di Enrico, Arturo, il quale era morto però poco tempo dopo le nozze. Il padre Enrico VII decise quindi di far sposare Caterina ad Enrico: Inghilterra e Spagna convennero sul fatto che bisognasse chiedere una bolla papale di dispensa per realizzare il progetto di matrimonio. Il papa Giulio II, nonostante non ce ne fosse di bisogno, concesse la dispensa. Il matrimonio con Caterina, con il passare degli anni, non diede ad Enrico il figlio maschio che tanto desiderava. Solo una principessa, Maria, era sopravvissuta all'infanzia (un figlio era nato morto ed un altro morì ad appena 2 mesi di vita). Va precisato che in Inghilterra non vigeva la legge salica e quindi Maria sarebbe potuta salire al trono, ma Enrico pensò che solo attraverso un erede maschio sarebbe stata assicurata la continuità dinastica. Enrico non era stato fedele alla regina: aveva avuto diverse amanti, dalle quali aveva avuto dei figli illegittimi. Nel 1526, quando Caterina entrò in menopausa, il re cominciò a corteggiare Anna Bolena, la sorella di un'amante del re (Maria Bolena). Enrico voleva un figlio maschio e cominciò a pensare di chiedere alla Santa Sede l'annullamento del suo matrimonio. Ed infine lo fece, nel 1530. La motivazione portante della richiesta del sovrano era quella del dolo (la bolla di Giulio II era stata ottenuta con l'inganno e non era valida). Nella contesa tra il papa ed il re intervenne il nipote di Caterina, Carlo V. Il grande sovrano, anche grazie alla sua influenza sul papa Clemente VII, convinse quest'ultimo a non ottemperare alla richiesta del sovrano (il dolo tuttavia non fu provato da indagini). Il cardinale Wolsey, non avendo ottenuto l'annullamento del matrimonio dal papa, cadde in disgrazia presso Enrico VIII, rischiò il processo, morendo prima che questo fosse celebrato. Divenne allora cancelliere Thomas More (Tommaso Moro). Il 25 gennaio 1533 fu celebrato il matrimonio tra Anna Bolena ed Enrico VIII; Tommaso Moro non approvò l'annullamento del matrimonio e non partecipò all'incoronazione di Anna Bolena (pur dovendo riconoscerla come regina). Successivamente la principessa Maria fu dichiarata illegittima, ed erede divenne la figlia di Anna Bolena, Elisabetta  (la futura Elisabetta I), Caterina venne allontanata dalla corte e perse il titolo di regina (morirà nel 1536). A questo punto il papa decise di scomunicare Enrico VIII (luglio 1533) e Tommaso Moro si dimise dalla carica di Lord cancelliere, venendo sostituito da Thomas Cronwell. La frattura con Roma fu sancita dal Parlamento nel 1534, con l'Act of Supremacy: esso dichiarava il sovrano «...l'unico Capo Supremo della Chiesa d'Inghilterra». Venne approvato poi il Treasons Act, che rese punibile con la pena capitale il rifiuto di riconoscere il Re come tale e negò al papa di ricevere le offerte dei fedeli (Obolo di S.Pietro). L'Act of Succession, sempre del 1534, spostò la linea dinastica dalla ex sovrana alla discendenza di Anna Bolena. Tutti gli adulti del regno vennero tenuti ad accettare le disposizioni di queste leggi e chiunque avesse rifiutato sarebbe stato giudicato colpevole di alto tradimento e passibile di pena di morte. Cominciò quindi ad essere attaccata tutta la struttura della Chiesa Cattolica: nel 1536 il cancelliere Thomas Cromwell fece approvare dal Parlamento la legge sull'esproprio dei possedimenti dei monasteri minori. Nel 1538 fu approvata una legge che permetteva la distruzione dei santuari dedicati ai santi e nel 1539 i monasteri che ancora rimanevano in Inghilterra vennero tutti aboliti e le loro proprietà trasferite alla Corona.                       
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  • I MONACI CERTOSINI DI LONDRA                               Anche i monaci della Certosa di Londra ricevettero nella visita dei funzionari del re Enrico VIII che in base al decreto emanato, chiedevano a tutti i maggiorenni, religiosi compresi, l'approvazione del ripudio da parte del re, della regina Caterina d'Aragona e quindi l'accettazione come sovrana di Anna Bolena. Il priore e il procuratore finirono in carcere per aver obiettato sulla legittimità del ripudio, ma dopo un mese, convinti che questo giuramento non toccava la fede, finirono per giurare e quindi liberati; ritornati alla Certosa convinsero gli altri monaci delle loro argomentazioni e così il 25 maggio 1534, essi giurarono ai funzionari, che erano tornati accompagnati dai soldati. La pace così sperata durò poco, perché a fine anno 1534 un nuovo decreto del re e del Parlamento, stabilì che tutti i sudditi dovevano disconoscere l’autorità del papa e riconoscere invece il re come capo della Chiesa anglicana anche nelle cose spirituali e chi non consentiva era reo di lesa maestà. Avutane notizia, il priore Giovanni Houghton riunì tutti i certosini comunicando ciò e tutti questa volta si dissero pronti a morire per la Chiesa romana. Nella certosa erano arrivati anche due priori di altre case, i quali messi al corrente della pericolosa situazione dei monaci, si recarono di comune accordo presso il vicario del re Tommaso Cromwell, per chiedergli di convincere il re Enrico VIII di esentarli da questo giuramento che non era possibile fare. I due priori dopo aver fatto le loro richieste, furono fatti arrestare dal Cromwell indignato e rinchiusi nella Torre di Londra come ribelli e traditori. Dopo una settimana subirono un processo a Westminster dove ribadirono il loro rifiuto e quindi condannati a morte e di nuovo rinchiusi, lì furono raggiunti da altri due religiosi condannati per lo stesso motivo. Il 4 maggio 1535 i due priori padre Robert Lawrence e padre Agostino Webster, unitamente al padre Richard  Reynolds dell’Ordine di s. Brigida e al sacerdote Giovanni Haile, parroco di Isleworth, indossati gli abiti religiosi furono legati stesi su delle stuoie e trascinati per le vie sassose e fangose che portavano al Tyburn, famigerato luogo delle esecuzioni capitali. Il padre Giovanni Houghton, priore di Londra, anch’egli arrestato e condannato, salì per primo il patibolo e collaborò con il boia per l’impiccagione proferendo parole di perdono e di fiducia in Dio; ma non era ancora morto soffocato che uno dei presenti tagliò la corda e il padre cadde a terra, il boia lo denudò e gli cavò ancora vivo le viscere per poter mostrare il cuore ai consiglieri del re; seguì l’esecuzione degli altri quattro e i loro corpi furono fatti a pezzi ed esposti al popolo per incutere terrore ai ‘papisti’. Altri tre certosini Umberto Middlemore vicario, Guglielmo Exmew dotto latinista e Sebastiano Newdigate di nobili origini furono arrestati, torturati e martirizzati il 19 giugno 1535. Altri due che si erano trasferiti da Londra alla Certosa di Hull furono denunziati, arrestati e impiccati l’11 maggio 1537. Ancora altri dieci certosini furono imprigionati il 29 maggio 1537 nel carcere di Newgate e lì morirono di stenti e patimenti in breve tempo, tranne uno Guglielmo Horn che sopravvissuto al carcere, venne impiccato il 4 novembre 1540. Nella certosa rimasero diciotto monaci, che speranzosi di salvare il monastero avevano aderito al giuramento, ma dopo qualche tempo essi vennero espulsi e la certosa venduta a privati. 

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